La sociologia è nata storicamente da una parte della filosofia. In precedenza era ai filosofi che si chiedeva di spiegare il funzionamento e le cause dei fenomeni della natura, dell'essere umano, della società. Solo nei secoli più recenti le singole discipline si sono emancipate diventando delle scienze empiriche. Il termine "sociologia" è stato usato per la prima volta dal filosofo francese August Comte nel suo corso di filosofia positiva. Molti filosofi si domandavano come fosse possibile che molti individui si sottomettessero alle norme necessarie per vivere in società. Per molti secoli era stata dominante una concezione naturalistica, secondo la quale la società umana sarebbe un fatto del tutto naturale che si va a formare dalla socievolezza istintiva dell'uomo. I filosofi però cominciarono a vedere con chiarezza che l'uomo è tuttavia per natura portato a subordinare se stesso e i propri interessi alle esigenze di una collettività di altri uomini. Emerse anche il problema della compatibilità tra individui e norme. Per trovare una soluzione a ciò i filosofi formularono la teoria del contratto sociale. Tra gli esseri umani vi sarebbe una sorta di accordo per fissare delle regole di convivenza certe e condivise a cui tutti debbano sottostare. All'origine di questa teoria stava l'idea che l'essere umano non vive da sempre in società ma è portato a viverci. Al contrario per i sostenitori di questa teoria ovvero i "contrattualisti" l'uomo viveva originariamente in uno "stato di natura" libero e disordinato, in cui ognuno conduceva la propria esistenza singolarmente e preoccupandosi solo di soddisfare i propri bisogni. Questo tuttavia comportava grandissimi disagi e difficoltà per la sopravvivenza di ognuno. Le difficoltà e le incertezze dello stato di natura spinse gli uomini ad abbandonare l'originaria condizione conflittuale e ad associarsi tra loro, dando vita ad una società stabile.
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